Il film
Milano ’83, un film documentario dalla visione estremamente soggettiva che ritrae la città affidandosi alle immagini, ai rumori, scandito sui riti collettivi e sulle festività annuali. Un simbolico viaggio attraverso una metropoli operosa, in movimento, che descrive la Milano dei lavori notturni e dei cantieri, dei pendolari sui treni e delle madri che portano i piccoli all’asilo. La pellicola, presentata in pompa magna nel 1983 poi premiata con il prestigioso Nastro d’Argento, faceva parte di un ampio progetto a fianco di altri grandi cineasti: «Le capitali culturali d’Europa», con la Lisbona di Manoel de Oliveira, l’Atene di Theo Anghelopoulos e la Varsavia di Kryzstof Zanussi .[fonte:cineteca milano].
Alcuni luoghi riconoscibili
Arco della Pace , navigli , duomo, Parco Sempione, Carmine.
La regia: Ermanno Olmi(1931)
Ermanno Olmi è nato a Bergamo ma la famiglia, padre ferroviere madre operaia, si trasferì a Treviglio quando lui era ancora piccolo, ed è lì che il futuro regista è di fatto cresciuto. Il suo luogo di nascita è stato spesso riportato erroneamente come Treviglio da più fonti, ma Olmi stesso ha fatto chiarezza su questo punto in un'intervista rilasciata a Charlie Owens, autore di una monografia dedicata al regista: Owens: «Alcuni scrivono che tu sei nato a Bergamo, altri scrivono Treviglio. Dove sei nato esattamente?» Olmi: «A Bergamo, in un quartiere chiamato Malpensata. Io spero che quando sono venuto al mondo mia madre l'abbia pensata in modo diverso, ovvero che sia stata una bella pensata l'avermi messo al mondo!»[2] Di famiglia profondamente cattolica, Olmi rimane da giovane orfano di padre, morto durante la seconda guerra mondiale; frequenta prima il liceo scientifico e poi il liceo artistico, ma non porta a termine gli studi. Si trasferisce a Milano per seguire i corsi di recitazione dell'Accademia di Arte Drammatica; nello stesso tempo, allo scopo di mantenersi, trova anche un lavoro presso la Edisonvolta, dove già lavorava la madre, che gli affida l'organizzazione delle attività ricreative per i dipendenti, in particolare quelle relative al servizio cinematografico, e gli viene richiesto di documentare le produzioni industriali attraverso filmati. Olmi sfrutta l'occasione per dimostrare la sua intraprendenza ed il suo talento con la macchina da presa; pur non avendo praticamente nessuna esperienza alle spalle, tra il 1953 ed il 1961 realizza decine di documentari, tra i quali La diga sul ghiacciaio, Tre fili fino a Milano (1958) e Un metro è lungo cinque. In tutti gli oltre quaranta documentari realizzati negli otto anni di lavoro si nota l'attenzione alla condizione degli uomini che lavorano nelle strutture aziendali, un modello interpretativo della realtà che anticipa le caratteristiche peculiari delle future pellicole di Olmi.[fonte biografia:wikipedia]
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