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domenica 25 gennaio 2015

Cronaca di un amore (1950)

Il film
L'intreccio si sviluppa narrando la vicenda di due amanti che si ritrovano dopo la guerra, quando tutto nelle loro vite è cambiato, ed elaborano un piano criminale per eliminare il ricco marito di lei(Lucia Bosè). Ci mostra una Milano fredda, dove il gelo invernale crea lo scenario perfetto per la vacuità di valori e l'algido cinismo della ri-nascente borghesia meneghina.











Alcuni luoghi riconoscibili
Duomo, giardini di Porta Venezia e piazza della Repubblica, navigli, Idroscalo.  

La regia: Michelangelo Antonioni(1912-2007)
Regista, sceneggiatore, montatore, scrittore e pittore italiano, considerato uno dei più grandi registi della storia del cinema. Autore di riferimento del cinema moderno, fin dall'esordio nel 1950 con Cronaca di un amore, pellicola che "segna la fine del neorealismo e la nascita di una nuova stagione del cinema italiano", Antonioni ha firmato alcune delle pagine più intense e profonde del cinema degli anni sessanta e settanta. In particolare, tra il 1960 e il 1962, grazie alla sua celebre "trilogia dell'incomunicabilità", composta dai tre film in bianco e nero, L'avventura, La notte e L'eclisse (con protagonista la giovane Monica Vitti, al tempo compagna di Antonioni anche nella vita), considerati a buon diritto le prime opere cinematografiche che affrontano i moderni temi dell'incomunicabilità, dell'alienazione e del disagio esistenziale, Antonioni riesce a "rinnovare la drammaturgia filmica" e a creare un forte "smarrimento" tra pubblico e critica, che accolgono queste opere "formalmente molto innovative" in "maniera contrastante".Con i successivi Il deserto rosso (1964, Leone d'oro al miglior film al Festival di Venezia) e Blow-Up (1966, Palma d'oro al Festival di Cannes del 1967) si consacra definitivamente all'attenzione internazionale vincendo i più prestigiosi Festival cinematografici. Negli anni settanta prosegue la sua ricerca sulla "crisi della modernità", con opere discusse ed innovative quali Zabriskie Point del 1970 (un atipico road movie di grande originalità formale e narrativa e di forte critica al consumismo) e Professione: reporter del 1975.[fonte biografia:wikipedia]

Milano '83 (1983)

Il film
Milano ’83, un film documentario dalla visione estremamente soggettiva che ritrae la città affidandosi alle immagini, ai rumori, scandito sui riti collettivi e sulle festività annuali. Un simbolico viaggio attraverso una metropoli operosa, in movimento, che descrive la Milano dei lavori notturni e dei cantieri, dei pendolari sui treni e delle madri che portano i piccoli all’asilo. La pellicola, presentata in pompa magna nel 1983 poi premiata con il prestigioso Nastro d’Argento, faceva parte di un ampio progetto a fianco di altri grandi cineasti: «Le capitali culturali d’Europa», con la Lisbona di Manoel de Oliveira, l’Atene di Theo Anghelopoulos e la Varsavia di Kryzstof Zanussi .[fonte:cineteca milano].




Alcuni luoghi riconoscibili
Arco della Pace , navigli , duomo, Parco Sempione, Carmine.  

La regia: Ermanno Olmi(1931)
Ermanno Olmi è nato a Bergamo ma la famiglia, padre ferroviere madre operaia, si trasferì a Treviglio quando lui era ancora piccolo, ed è lì che il futuro regista è di fatto cresciuto. Il suo luogo di nascita è stato spesso riportato erroneamente come Treviglio da più fonti, ma Olmi stesso ha fatto chiarezza su questo punto in un'intervista rilasciata a Charlie Owens, autore di una monografia dedicata al regista: Owens: «Alcuni scrivono che tu sei nato a Bergamo, altri scrivono Treviglio. Dove sei nato esattamente?» Olmi: «A Bergamo, in un quartiere chiamato Malpensata. Io spero che quando sono venuto al mondo mia madre l'abbia pensata in modo diverso, ovvero che sia stata una bella pensata l'avermi messo al mondo!»[2] Di famiglia profondamente cattolica, Olmi rimane da giovane orfano di padre, morto durante la seconda guerra mondiale; frequenta prima il liceo scientifico e poi il liceo artistico, ma non porta a termine gli studi. Si trasferisce a Milano per seguire i corsi di recitazione dell'Accademia di Arte Drammatica; nello stesso tempo, allo scopo di mantenersi, trova anche un lavoro presso la Edisonvolta, dove già lavorava la madre, che gli affida l'organizzazione delle attività ricreative per i dipendenti, in particolare quelle relative al servizio cinematografico, e gli viene richiesto di documentare le produzioni industriali attraverso filmati. Olmi sfrutta l'occasione per dimostrare la sua intraprendenza ed il suo talento con la macchina da presa; pur non avendo praticamente nessuna esperienza alle spalle, tra il 1953 ed il 1961 realizza decine di documentari, tra i quali La diga sul ghiacciaio, Tre fili fino a Milano (1958) e Un metro è lungo cinque. In tutti gli oltre quaranta documentari realizzati negli otto anni di lavoro si nota l'attenzione alla condizione degli uomini che lavorano nelle strutture aziendali, un modello interpretativo della realtà che anticipa le caratteristiche peculiari delle future pellicole di Olmi.[fonte biografia:wikipedia]

Sbatti il mostro in prima pagina (1972)

Il film
Il film mette in evidenza gli stretti legami fra stampa, politica e forze dell'ordine. Racconta come un importante giornale possa manipolare l'informazione pubblica, e lo svolgersi delle stesse vicende, per cercare di indurre una precisa reazione nell'elettorato.[fonte:wikipedia].


Alcuni luoghi riconoscibili
Castello sforzesco, Parco Sempione.

La regia: Marco Bellocchio(1939)
Nel 1959 frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, e - sotto la guida di Andrea Camilleri - nel 1962 acquisisce il diploma di regia, per poi proseguire a Londra i suoi studi sul cinema. Tornato in Italia lavora al suo primo lungometraggio: a Bobbio, suo luogo di nascita, in provincia di Piacenza, all'età di 26 anni, dirige I pugni in tasca (1965), selezionato al Festival del film Locarno e vincitore della Vela d'argento 1965, in cui già si nota il suo anticonformismo, così come nei successivi La Cina è vicina (1967, presentato al Festival di Venezia e vincitore del Gran premio della giuria) e Il popolo calabrese ha rialzato la testa (Paola) (1969). Questi film sono espressione di valori di una rivolta vissuta, interpretata e proposta: la rivolta sessantottina contro le istituzioni dominanti che controllano e reprimono le persone attraverso tutta una serie di valori etici borghesi che caratterizzano l'intera società. In questi film Bellocchio mette a nudo l'intera società borghese svelandone tutte le contraddizioni e le ipocrisie, fornendone una lettura assolutamente chiara: l'autore bobbiese non ha intenzione di fare propaganda politica, pur essendo, il suo, un cinema chiaramente orientato a sinistra. In questi anni Bellocchio milita nell'Unione Comunisti Italiani, un gruppo d'ispirazione maoista.Nel 1966 pubblica sulla rivista Rendiconti una raccolta di poesie dal titolo I morti crescono di numero e d'età. Nel 1969 partecipa con un episodio al film Amore e rabbia (1969) insieme a Pasolini, Bertolucci, Lizzani e Godard.Nel 1971 sottoscrive la lettera aperta pubblicata sul settimanale L'Espresso sul caso Pinelli. Intervistato in occasione della presentazione del suo film Vincere, Marco Bellocchio ha confermato le ragioni di quell'appello.Rievocò la sua infanzia in chiave grottesca nel film Nel nome del padre (1972) con Laura Betti. L'anno dopo dirige Gian Maria Volonté in Sbatti il mostro in prima pagina (1972).[fonte biografia:wikipedia

Rocco e i suoi fratelli (1960)

Il film
Storia di una famiglia di meridionali che dalla Basilicata si trasferisce per lavoro a Milano. Narrato con i toni della tragedia greca, il film provoca grandi polemiche a causa di alcune scene crude e violente oltreché per le posizioni politiche del regista[fonte:wikipedia].

 

Alcuni luoghi riconoscibili
Stazione Centrale, Duomo incluse le terrazze,Ponte delle Sirenette Parco Sempione, Idroscalo.

La regia: Luchino Visconti(1906-1976)
Figlio quartogenito del duca Giuseppe Visconti di Modrone e di Carla Erba, proprietaria della più grande casa farmaceutica italiana, fratello minore di Guido, Luigi ed Edoardo, maggiore di Giovanna, Nane e Uberta, è discendente diretto di Francesco Bernardino Visconti, l'Innominato di Manzoni. Presta servizio militare come sottufficiale di cavalleria a Pinerolo e vive gli anni della sua gioventù nell'agio di una delle più importanti famiglie d'Europa. Per la sua attività di regista cinematografico e teatrale e per le sue sceneggiature, è considerato uno dei più importanti artisti e uomini di cultura del XX secolo. Assieme a Roberto Rossellini e Vittorio De Sica è ritenuto uno dei padri del Neorealismo italiano. Ha diretto numerosi film a carattere storico, dove l'estrema cura delle ambientazioni e le perfette ricostruzioni sceniche sono state ammirate e imitate da intere generazioni di registi.La carriera cinematografica di Visconti inizia nel 1936 a Parigi, come assistente alla regia e ai costumi per Jean Renoir.Dopo l'armistizio dell'otto settembre, Visconti collabora con la Resistenza.Alla fine del conflitto Visconti collabora alla realizzazione del documentario Giorni di gloria, un film di regia collettiva dedicato alla Resistenza. Visconti gira le scene del linciaggio di Donato Carretta, l'ex direttore del carcere di Regina Coeli, e (come detto) cura la regia della fucilazione di Pietro Koch. Altre sequenze vengono girate da Gianni Puccini e Giuseppe De Santis.La suafilmografia include: Ossessione (1943), La terra trema (1948), Bellissima (1951), Siamo donne (1953), Senso (1954),Le notti bianche (1957), Rocco e i suoi fratelli (1960),Boccaccio '70 (1962) - episodio Il lavoro, Il Gattopardo (1963), Vaghe stelle dell'Orsa (1965),Le streghe (1967) - episodio La strega bruciata viva, Lo straniero (1967),La caduta degli Dei (1969),Morte a Venezia (1971), Ludwig (1972), Gruppo di famiglia in un interno (1974),L'innocente (1976)[fonte biografia:wikipedia]

Miracolo a Milano (1951)

Il film
Favola neorealista che ha per protagonista un ragazzo orfano, e una emarginata comunità di barboni, la cui semplicità di sentimenti si scontra con la vorace cupidigia dei ricchi  possidenti. La favola si compie nel finale in una piazza del Duomo affollata di netturbini le cui  scope servono per volare via, verso un altrove ideale e  immaginario “dove buongiorno vuol dire (semplicenente) buongiorno”. La scena di questo "decollo" pare abbia ispirato a Steven Spielberg la scena dei ragazzini su biciclette volanti nel film E.T.



Alcuni luoghi riconoscibili
Duomo, Lambrate, navigli.

La regia: Vittorio De Sica (1901-1974)
Attore, regista e sceneggiatore italiano, è una delle figure preminenti del cinema italiano e mondiale, è stato inoltre attore di teatro e documentarista. Come regista, è considerato uno dei padri del Neorealismo e, allo stesso tempo, uno dei più grandi registi ed interpreti della Commedia all'italiana. De Sica compì il suo esordio dietro la macchina da presa nel 1939 sotto l'egida di un potente produttore dell'epoca, Giuseppe Amato, che lo fece debuttare nella commedia Rose scarlatte. Fino al 1942 la sua produzione da regista non si discosta molto dalle commedie misurate e garbate simili a quelle di Mario Camerini: ricordiamo Maddalena... zero in condotta (1940) con Carla Del Poggio e Irasema Dilian, e Teresa Venerdì (1941) con Adriana Benetti e Anna Magnani. A partire dal 1943, con I bambini ci guardano (tratto dal romanzo Pricò di Giulio Cesare Viola) iniziò, insieme a Zavattini ad esplorare le tematiche neorealiste.Dopo un film a sfondo religioso realizzato nella Città del Vaticano durante l'occupazione della capitale, La porta del cielo (1944), il regista firma, uno dietro l'altro, quattro grandi capolavori del cinema mondiale: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), ricavato dal romanzo omonimo di Luigi Bartolini, Miracolo a Milano (1951), tratto dal romanzo Totò il buono dello stesso Zavattini e Umberto D. (1952), pietre miliari del neorealismo cinematografico italiano. I primi due ottengono l'Oscar come miglior film straniero e il Nastro d'argento per la migliore regia.Dopo questa irripetibile quadrilogia, De Sica firmò altre opere molto importanti: L'oro di Napoli (1954) tratto da una raccolta di racconti di Giuseppe Marotta, Il tetto (1955) che è considerato il suo passo d'addio al neorealismo, quindi l'acclamato La ciociara, del 1960, tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia, che vanta una vibrante interpretazione di Sophia Loren, la quale vinse tutti i premi possibili: Nastro d'argento, David di Donatello, Palma d'oro al Festival di Cannes e il Premio Oscar per la miglior attrice. Con la Loren lavorò anche in seguito, nel celebre episodio La riffa inserito nel film collettivo Boccaccio '70 (1962), quindi in coppia con Marcello Mastroianni in Ieri, oggi e domani (1963), tre indimenticabili ritratti di donna (la popolana, la snob e la mondana) e terzo suo Oscar, Matrimonio all'italiana (1964), trasposizione di Filumena Marturano di Eduardo De Filippo, e I girasoli (1970). Nel 1972 ottenne un quarto Premio Oscar con la trasposizione filmica del romanzo di Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi-Contini, storia drammatica della persecuzione di una famiglia ebrea ferrarese durante il fascismo; quest'opera ottiene anche l'Orso d'oro al Festival di Berlino del 1971. L'ultimo film da lui diretto è la riduzione di una novella di Luigi Pirandello, Il viaggio (1974), interpretato ancora da Sophia Loren, accanto a Richard Burton.[fonte biografia:wikipedia]

Gli uomini che mascalzoni (1932)

Il film
Commedia romantica improntata alla grazia e leggerezza tipiche dello stile di Camerini, il film ci fornisce una testimonianza dell'evolversi degli stili di vita e lavoro a Milano. Interessanti in tal senso le scene girate alla fiera campionaria. Celebre la colonna sonora con la canzone di Bixio, Parlami d'amore Mariù,  che Bruno (un giovane De Sica) e Mariuccia ballano durante una scampagnata in Brianza.


Alcuni luoghi riconoscibili
L'Arco della Pace,  piazza Duomo, uno scorcio di via Dante e piazza Cordusio.

La regia: Mario Camerini(1895-1981)
Lavora per il cinema dal 1913 come sceneggiatore. Dopo l'esordio nella regia con Jolly (1923), Camerini si impone all'attenzione del pubblico e della critica, sul finire degli anni Venti, con alcuni film muti fra cui Kiff Tebbi (1928) e soprattutto Rotaie (1929), una drammatica storia d'amore presentata poco più tardi anche in Germania con notevole successo, che vide l'esordio dell'attore Guido Celano. Nel 1932 dirige il giovanissimo Vittorio De Sica in Gli uomini, che mascalzoni..., garbato e accattivante lungometraggio che apre la sua cosiddetta "pentalogia borghese": seguono infatti quattro film ambientati nel mondo della piccola borghesia (Darò un milione, Ma non è una cosa seria, Il signor Max e I grandi magazzini), quasi tutti interpretati dalla coppia Vittorio De Sica - Assia Noris. Quest'ultima, russa di origine, diventò, in quegli anni, moglie del regista. Camerini si concede una divagazione nella farsa vivace (Il cappello a tre punte, con Eduardo e Peppino De Filippo) e una nella retorica di regime (Il grande appello, sulle conquiste africane del fascismo). Negli anni Cinquanta continua a dirigere commedie romantiche e film d'avventura. La sua ultima opera è del 1972: un episodio della serie di Don Camillo (Don Camillo e i giovani d'oggi) con Gastone Moschin. Dai primi anni Settanta smette la propria attività.[fonte biografia:wikipedia]

Stramilano (1929)

Il film
Cortometraggio documentario che consiste in un efficace montaggio di scene riprese nella Milano della fine degli anni '20. Ci mostra la realtà urbana di una metropoli vitale e industriosa, dall'alba al tramonto. Mercati, industrie, infrastrutture, traffico di vetture, atelier con sfilate di moda per signore altolocate, caffè affollati, spettacoli di danza d'avanguardia e piano bar con musicisti jazz: non manca nulla per fruire della visione, non scevra d'enfasi ”futurista”, della fervida vita della Milano all'inizio del ventennio.

Alcuni luoghi riconoscibili
L'Arco della Pace,  piazza Duomo, uno scorcio di Corso Vittorio Emanuele con il traffico di veicoli.

La regia: Corrado D'Errico(1902-1941)
Iniziò la sua carriera lavorando come giornalista e critico cinematografico elle redazioni dei quotidiani L'Impero e La Tribuna, dai quali passò successivamente ad un incarico nel Ministero Stampa e Propaganda. L'esordio nel mondo del cinema fu come assistente di Mario Camerini nel 1928 (Kiff-Tebi) e per lo stesso regista scrisse l'anno successivo il soggetto del film Rotaie. Il suo primo film da regista è Freccia d'oro, datato 1935 e diretto in collaborazione con Piero Ballerini, dopo il quale girerà altri undici film fino alla morte nel 1941, non riuscendo a completare Il leone di Damasco che verrà ultimato da Enrico Guazzoni. D'Errico fu anche corrispondente per il cinegiornale LUCE durante la campagna di Etiopia del 1935, dove contrasse una grave malattia tropicale che ne debilitò il fisico. La collaborazione con il LUCE proseguì anche negli anni successivi. Fu anche scrittore di testi teatrali, uno dei quali fu rappresentato da Ettore Petrolini.Nel cinema la sua specialità erano i film di cappa e spada o ispirati ai romanzi di Emilio Salgari, pertanto utilizzò molti specialisti del genere fra i quali attori come Rossano Brazzi, Carlo Ninchi, Adriano Rimoldi, Amedeo Nazzari e attrici quali Luisa Ferida, Laura Nucci, Doris Duranti e Germana Paolieri.[fonte biografia:wikipedia]

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